La qualità organolettica va a braccetto con la sostenibilità: un aspetto sempre più rilevante che non possiamo più trascurare nelle nostre scelte

Credo ciascuno di noi sia cresciuto con la certezza che il tonno buono si dovesse tagliare con un grissino, non certo per ignoranza, ma piuttosto per mancanza di consapevolezza.

Quella consapevolezza che in questi ultimi 10 anni è giocoforza cresciuta, prima per un atteggiamento più curioso nei confronti del profilo organolettico di ciò che mangiavamo, poi anche per una responsabilità emergente nei confronti dell’ambiente, nel caso specifico nei confronti degli Oceani.

Si perché diciamolo senza timori, il filetto di tonno buono è compatto e il grissino gli fa un baffo!

Ma questo è soltanto un esempio, un aggancio che mi permette di introdurre il tema di questa rubrica: le filiere ittiche del mare.

E come non cominciare dal salmone selvaggio (Oncorhyncus) del Pacifico (diviso in 5 sottospecie, Red King, Coho, Sockeye, Pink e Chum) pescato al largo delle coste dell’Alaska e del Canada?

Questa specie è noto divida la sua vita tra acqua salata e acqua dolce, nasce nel fiume, vive nel mare e poi depone le uova ancora nel fiume, nel punto esatto dove è nato e subito dopo muore.

La pesca è fortemente regolamentata nei modi e nei numeri di anno in anno, in base a un censimento del mare attuato da diversi enti controllori, come ad esempio l’ADFG (Alaska Department of Fish and Game), e in base alle dimensioni medie del pescato delle campagne precedenti.

In particolare la popolazione di Salmone Red King sta vivendo un momento critico sia perché soffre particolarmente l’innalzamento della temperatura del mare (che si traduce in scarsità di nutrienti e alterazione del ciclo riproduttivo) sia perché fino all’inizio degli anni 2000 la pesca è stata libera e indiscriminata, e ancora la tutela del mare e dei fiumi era assente e si pescavano fino a 4-5 volte le quantità ammesse ora. 

Ecco perché da un paio d’anni la disponibilità di prodotto è contingentata e la dimensione delle baffe contenuta, questo vale sia per i Coho (addirittura non disponibili quest’anno) sia per i Sockeye anche se in minor misura.

Il salmone pescato prevalentemente in tarda primavera e inizio estate viene subito congelato a bordo e venduto a diversi commercianti che poi si occuperanno della distribuzione su scala mondiale.

Friultrota lo riceve a partire dal mese di ottobre-novembre, lo decongela, lo sfiletta, lo sala rigorosamente a secco e poi lo sottopone a più cicli di asciugatura e affumicatura prima di toelettarlo e confezionarlo.

Una filiera piuttosto complessa e lunga che ci dovrebbe aiutare a capire il valore del prodotto, anche in relazione alla sua scarsità e all’assoluta manualità del processo produttivola filiera ittica-dettagli
E pur partendo da numeri e disponibilità decisamente più elevate e temperature delle acque inferiori anche la situazione del merluzzo è molto simile, del resto il suo habitat è lo stesso del salmone.

È già iniziata una riduzione progressiva del pescato, grazie all’introduzione di quote di pesca e proprio nel dicembre scorso Europa e Norvegia hanno siglato un accordo storico che regolamenta la pesca del merluzzo in acque internazionali e ne tutela la biomassa.

Il merluzzo più grosso viene catturato nei mesi invernali con rete a strascico o con rete fissa da posta e poi tenuto a bordo dei pescherecci al fresco: ricordiamoci che ci troviamo nei freddi mari del Nord e non nel Mediterraneo.

Arrivato a terra viene subito eviscerato e prende diverse strade, quella che interessa a noi è quella dello stoccafisso, merluzzo essiccato all’aria aperta per circa 60-90 giorni a seconda della dimensione e ripartito in diverse categorie e livelli di qualità.

Successivamente riposa in luoghi chiusi per qualche settimana, poi viene imballato in sacchi di iuta da circa 50 kg e arriva tra fine agosto e inizio settembre presso il laboratorio dei fratelli Marcolin dove viene trasformato in varie ricette che abbiamo da poco conosciuto. 

E il tonno invece? L’argomento non si può esaurire in poche righe, ma conto di suscitare quanto meno un po’ di curiosità.

Conosciamo già bene la situazione del tonno rosso, di cui molto si è parlato negli ultimi 10 anni, ma il tonno Alalunga e il tonno Yellowfin vivono forse un momento più felice?

A partire dal 2015 è stata posta molta attenzione sulla sostenibilità della filiera del tonno in scatola, in prevalenza Yellowfin pescato per lo più nell’oceano del Sud-Est Asiatico, quando Greenpeace ha “stimolato” le grandi aziende mondiali produttrici di tonno in conserva a essere più trasparenti nei confronti dei clienti e maggiormente rispettose degli equilibri del mare e dei protagonisti della filiera

I dettagli sono cronaca.

L’Alalunga invece viene pescato nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico del Nord; anche la sua pesca è regolamentata fortemente, ce lo assicura Juan Yurrita che da anni produce il Bonito del Norte in conserva, utilizzando proprio l’Alalunga pescato all’amo nel Golfo di Biscaglia in primavera - inizio estate.

Portato a riva ancora fresco, questo è fondamentale per determinare la compattezza della carne, viene poi eviscerato, spellato, sezionato e bollito in grandi pentole industriali, prima di essere inscatolato, colmato d’olio e sigillato.

La sua carne è molto chiara e la consistenza… beh, prendete un grissino e provate voi stessi!

Alessandro De Conto
Responsabile Estero e Selezione

il merluzzo-gli stock

IL MERLUZZO: DOVE SI TROVANO GLI STOCK E CHI LI GESTISCE?

1. MARE DI BARENTS: lo stock più grande al mondo, con una biomassa di 2,5 milioni di tonnellate; è gestito dalla Norvegia

2. COSTA NORVEGESE: anche la consistenza di questo stock ricade sotto la responsabilità norvegese

3. MARE DEL NORD: i merluzzi di queste acque sono gestiti dall’UE sebbene il lavoro di mantenimento dei livelli di stock avvenga in concerto con la Norvegia