44 risorgive disseminate in 400 ettari di foresta, a cui si alternano 200 ettari di campi, disseminati tra i boschi di ontani neri, caratterizzati da una maestosa biodiversità
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“Chi acquista il nostro riso deve immaginarsi di portarsi a casa un pezzo di Riserva”. Così esordisce Massimo Bove, responsabile commerciale di Riserva San Massimo, facendoci vedere le nuove confezioni. Mi sembra un’affermazione un po’ forte, di quelle che usiamo noi commerciali per attirare l’attenzione del cliente, tuttavia una volta rientrati ho la sensazione sia il riassunto perfetto di una giornata passata lungo gli argini del Ticino.

Vi voglio perciò raccontare il viaggio dal principio, compiere il tentativo virtuale di aiutarvi a entrare nel contesto naturale della Riserva San Massimo, dove si producono i risi Carnaroli, Vialone Nano e Rosa Marchetti.

Si parte finalmente per una trasferta fuori regione, destinazione Groppello Cairoli (PV), in piena Lomellina, una delle più importanti aree dedite alla coltivazione del riso. Lungo gli argini del Ticino nasce la Riserva, inizialmente creata per la caccia a inizio ‘900 e poi negli anni convertita gradualmente in un’oasi naturale di ripopolamento animale e di produzioni risicole e cerealicole.

Arriviamo per l’ora di pranzo dopo aver preso ovviamente la strada sbagliata all’uscita dell’autostrada. Ci accolgono Dino Massignani, direttore responsabile della Riserva, e Massimo che vi ho già presentato. Il tempo è incerto, il sole si alterna a cumuli nembi pieni di pioggia. Prima di iniziare il tour dell’oasi decidiamo di fare un pranzo veloce, ovviamente a base di risotti.Riserva San Massimo
Il primo è un classico Risotto alla Milanese e il secondo.. è ancora un primo, uno splendido Risotto con vongole, ostriche, limone e crescione. Inutile dire che il protagonista è il Carnaroli in purezza di casa.

Questa tipologia di riso è considerata tra le più pregiate e, senza nessun dubbio, la migliore per i risotti, in quanto esalta la cremosità del piatto grazie a due importarti fattori, come ci viene spiegato: “Il primo è la tenuta in cottura, il secondo è l’alta percentuale di amilosio.

Questo è molto importante perché più amido rilascia il chicco, più si ha un assorbimento dei sapori e un’omogeneità nel piatto”.
In bocca si annuncia pieno, rotondo, quasi croccante. Il rilascio dell’amido e la mantecatura generano una crema delicata e suadente, che avvolge il chicco e il palato.Chicchi

Fuoriclasse! Poi caffettino, un’occhiata alle nuove confezioni esposte nella sale, riflessioni sul tema di Massimo e chiacchierata di rito sul difficile momento di mercato, prima di iniziare il tour con il Defender. Il meteo ancora ci assiste e oltre a fornire una luce quasi perfetta per la fotografia offre la giusta suggestione, guardare le foto di Beatrice per credere!

Ora è Dino Massignani a essere protagonista: oltre a guidare il mezzo, guida anche noi tra i meandri della Riserva. La conosce come le sue tasche poiché ci lavora da oltre quindici anni.

Ed è come se la sentisse sua. Questo ci aiuta a entrare subito nel contesto, a capire che qui l’uomo si è messo al servizio della natura, non l’ha manipolata, non l’ha sottomessa, ma l’ha addomesticata.Flora e fauna han creato il loro equilibrio, un presidio di biodiversità sostenuto e protetto dall’uomo che governa l’economia del dare e ricevere di ogni ciclo naturale.

Gli Ontani Neri son gli alberi che caratterizzano il bosco, oltre 40 le risorgive che danno il via ai canali che si fanno strada tra i boschi e che poi a loro volta inonderanno le risaie.

E ancora le felci, tra cui la rarissima e massiccia Osmunda Regalis, e la torba a vivificare il sottobosco. Centinaia le piante da frutto che costeggiano i campi al solo scopo di alimentare la biodiversità e concimare il terreno con i frutti caduti, ma questo va anche a discapito della produttività poiché le chiome degli alberi in estate ombreggiano le piante di riso e ne ostacolano la maturazione. Ogni volta si dà, ma anche si riceve.Sottobosco

E poi i fagiani, le anatre, le oche, gli aironi, i caprioli, i daini, le poiane: sono solo alcuni degli animali che abitano i 400 ettari di foresta e i 200 ettari di campi coltivati... sì, perché qui non ci sono recinzioni, non ci sono dissuasori elettrificati, ma esistono strategie che tengono gli animali lontani dal campo coltivato.

Come si fa? Si dà da mangiare all’animale in zone lontane dalle zone coltivate, si coltivano alcuni campi a cereali al solo scopo di alimentare la fauna del posto, e inoltre anche ciò che viene scartato nei diversi passaggi di selezione del riso viene dato agli animali. In un contesto naturale sembra facile e scontato produrre un prodotto di qualità, ma in questo viaggio ci siamo resi conto che tanto facile non è. 

Il ciclo vegetativo del Carnaroli inizia nella seconda metà di aprile e dura circa 165 giorni, concludendosi quindi verso fine settembre.

I campi, oltre alla concimazione naturale, vengono concimati con la cornunghia, mix di corna e zoccoli macinati, una sostanza organica naturale che rilascia in modo graduale nel terreno azoto e, soprattutto, fosforo.

La semina avviene in asciutta, le risaie vengono sommerse solo successivamente, quando le piantine sono già nate, dopo circa 20/30 giorni, rigorosamente solo con l’acqua delle risorgive, che viene portata nei campi attraverso una complessa rete di canali.
Le sementi, certificate e rilasciate dall’Ente Risi, vengono distribuite in oltre 100 ettari di campo, 11 kg di semi per ogni pertica (1 ettaro = 15,27 pertiche) che daranno in media 430 kg di riso da fresco.Campi Riserva San Massimo
Sappiate però che il risone viene raccolto con il 30% di umidità e poi essiccato con un impianto a gas metano che consente l’utilizzo di temperature moderate, che mantengono integro e compatto ogni singolo chicco portandolo all’11% di umidità.

Normalmente invece il riso viene essiccato con impianti a gasolio, esponendo il chicco ai fumi di combustione.
Dopo l’essiccazione il riso viene stoccato in silos arieggiati senza nessun tipo di trattamento di conservazione(di solito vengono spruzzati degli insetticidi  sui chicchi) viene pilato (cioè privato del tegumento e pericarpo) in modo artigianale, in un’azienda partecipata che si trova al di fuori della Riserva e che lavora a bassa intensità, in piccole quantità.Impianto

Il prodotto viene poi ulteriormente verificato con un lettore ottico che scarta chicchi imperfetti o troppo piccoli, quindi confezionato in atmosfera protetta - la soluzione migliore per proteggere le qualità organolettiche del riso e preservarlo nel tempo, ci racconta Dino - e infine etichettato a mano. Alla fine di tutto il processo, la resa media è di circa 40 kg di riso ogni 100 kg di risone.

Da qualche anno per aggiungere complessità all’offerta viene prodotto in Riserva con criteri simili anche il Vialone Nano. Nel corso degli anni sono stati studiati e selezionati i campi in cui la pianta del Vialone Nano poteva trovare il terreno più adatto alla sua crescita perfetta: infatti la produzione del riso Vialone Nano in Riserva è limitata e circoscritta solo ad alcuni campi.

Le sue caratteristiche lo rendono adatto a ogni tipo di preparazione e la sua unicità e delicatezza viene esaltata soprattutto nella realizzazione dei risotti, sia mantecati che sgranati.Il giusto contenuto di amilosio rende ottima la sua tenuta di cottura mantenendo sempre una media consistenza al dente e favorendo un’ottima assunzione di aromi e sapori.

A prescindere dal tipo di riso, il risultato finale è frutto di due cose, una è l’ossessione per la qualità e l’altra è il tentativo, peraltro ben riuscito, di tenere in equilibrio ogni giorno produzioni e rispetto per la natura.

Un inno alla sostenibilità, quella vera.
Massimo aveva ragione, ora ne sono convinto: “Chi acquista il nostro riso deve immaginarsi di portarsi a casa un pezzo di Riserva”!

Alessandro De Conto
Responsabile Commerciale