Suino Nero dei Nebrodi o Grigio del Casentino? A confronto due prodotti bandiera dell’allevamento allo stato brado
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“Abbiamo intervistato Luisa Imbrogio e David Orlandi per capire le differenze tra i loro due prosciutti”

AGOSTINO
Con la loro attività hanno salvato dall’estinzione il suino Nero dei Nebrodi, una delle razze più pregiate della Sicilia.

E ora che il loro prosciutto si è guadagnato notorietà grazie alla salubrità e alle qualità organolettiche delle carni, Luisa e Sebastiano Agostino Ninone hanno passato il testimone al figlio ventiquattrenne, Vincenzo. “Questo passaggio generazionale ci permetterà di portare avanti ciò che abbiamo fatto negli ultimi 25 anni”, spiega Luisa.

“Per noi lavorare il suino nero dei Nebrodi è stato da sempre un progetto per favorire la biodiversità e la sostenibilità, per valorizzare il cibo con cui siamo cresciuti e il territorio dove siamo nati, per sostenerne l’economia facendo rete”. Nei suoi 70 ettari di bosco, all’interno del Parco dei monti Nebrodi, l’azienda Agostino alleva al massimo sei capi per ettaro, ma la richiesta in questi anni è cresciuta e così il sapere accumulato con l’esperienza e fissato nel disciplinare è stato trasferito ad altri otto allevatori della zona.

L’attenzione alla salute dell’animale qui è massima, fin dallo svezzamento, a 90 giorni anziché a 30 per incrementare le difese immunitarie ed evitare mangimi di svezzamento e antibiotici. Massima è anche la cura nella maturazione: il prosciutto riposa in cantine di pietra naturali e la sugna, raschiata e sostituita ogni tre-quattro mesi, viene preparata con la farina di riso, adatta anche ai celiaci.

Perfino dalla pandemia si è riusciti a ricavare lezioni importanti, sperimentando con successo stagionature più lunghe. Il risultato è un prodotto di altissima qualità, “che per gli aromi che sprigiona andrebbe conservato come una preziosa boccetta di profumo”.

LE SELVE DI VALLOLMO
Siamo in Toscana, all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, una zona montuosa e ricca di boschi. Qui pascolano liberi i suini Grigi del Casentino di Le Selve di Vallolmo, azienda agricola fondata da Claudio Orlandi in cui ora lavora tutta la sua famiglia. Il Grigio del Casentino è una razza antica, scomparsa nell’ultimo secolo, che Claudio ha voluto recuperare, aderendo a un progetto di Slow Food e della locale Comunità montana.

Per ottenerlo s’incrocia una femmina di Large White, razza moderna, e un verro di Cinta senese, antica razza autoctona geneticamente più debole.

“Alleviamo i nostri maiali allo stato brado, liberi di circolare nei boschi all’interno del Parco Nazionale”, racconta David, l’ultimo dei tre figli di Claudio a essere entrato in azienda dopo alcuni anni di lavoro d’ufficio. “Io mi occupo dell’allevamento e della stagionatura dei prosciutti: un’attività che adoro, perché sono immerso nella natura, a 850 metri sul livello del mare, a stretto contatto con il territorio dove sono nato. Insieme ai miei genitori, a mio fratello Matteo e a mia sorella Serena seguiamo tutti gli anelli della filiera, che è cortissima: nel giro di pochi chilometri tra i boschi e il fondovalle ci sono l’allevamento, il laboratorio di produzione e le cantine di stagionatura”.

Gli animali della famiglia Orlandi sono liberi di grufolare e correre nel bosco: si nutrono di ciò che trovano sotto gli alberi, dalle ghiande alla ciliegie in primavera. Diventano suini possenti, con un peso di 180-200 chili, e sviluppano un’ottima percentuale di grassi nobili, che conferiscono al prosciutto di Grigio del Casentino una caratteristica scioglievolezza e note di ghianda, frutta tostata e cantina.

L'INTERVISTA DOPPIAIntervista Doppia Nebrodi

1. Nome del prodotto?

Prosciutto di Suino Nero dei Nebrodi.

2. E' tutelato da certificazioni?

La razza di Suino Nero dei Nebrodi è registrata all’Associazione nazionale allevatori suini ed è presidio Slow Food.

3. Origine della materia prima?

Suini allevati nei Nebrodi, la principale catena montuosa siciliana.

4. Perchè questa razza?

È una razza indigena e resistente, con carni di qualità eccellente.

5. Come allevate i vostri animali?

Allo stato brado, liberi di muoversi nei boschi. Si nutrono di ciò che trovano nel sottobosco: ghiande, castagne, radici, che integriamo con fava o orzo germinato durante l’inverno. 

6. Come viene salato e speziato?

La salatura la facciamo a secco e non usiamo spezie. Dopo tre mesi di asciugatura in celle termo-controllate portiamo le cosce in cantine di pietre naturali a 850 metri sul livello del mare.

7. Qual è la stagionatura ideale?

Siamo partiti con 24 mesi ma durante il Covid siamo arrivati a 36: così il prosciutto guadagna profumi più intensi, con note di fungo porcino e frutta secca.

8. Come influisce il clima locale?

È un microclima fresco e secco, ideale per una maturazione a regola d’arte. 

9. Perchè è diverso dagli altri?

Per il rapporto tra muscolo, circa il 30% e massa grassa, circa il 70%, di cui il 53% di acidi grassi polinsaturi.

10. Qual è il ruolo del grasso?

Grazie all’importante marezzatura le carni sono succose e gustose, assorbono meno sale e possono essere stagionate per periodi molto lunghi, guadagnandoci in intensità dei profumi.

11. Consigli per la conservazione?

Meglio conservarlo e consumarlo a temperatura ambiente e tagliarlo a mano.

12. Abbinamenti da suggerire?

Suggerirei di consumarlo in purezza, abbinandolo magari a un calice di bollicine.Intervista Doppia Casentino 

1. Nome del prodotto?

Prosciutto del Casentino.

2. E' tutelato da certificazioni?

È presidio Slow Food, con un doppio disciplinare in allevamento e in trasformazione.

3. Origine della materia prima?

All’interno del Consorzio siamo gli unici ad avere tutta la filiera in azienda, dall’allevamento alla trasformazione.

4. Perchè questa razza?

Perché è una razza antica, poi scomparsa, caratterizzata dal manto grigiastro e dalla carne pregiata. Per ricrearla incrociamo due razze pure, la Large White e la Cinta senese, razza autoctona toscana.

5. Come allevate i vostri animali?

Allo stato brado, liberi di pascolare nelle foreste del Casentino, dove si nutrono di ghiande, castagne, tuberi. D’inverno integriamo l’alimentazione con orzo, favino e mais, tutto non Ogm.

6. Come viene salato e speziato?

Usiamo sale di Cervia, pepe e un mix di spezie. Lo teniamo in salagione per circa 21 giorni, massaggiandolo ogni settimana, quindi si passa all’asciugatura per circa tre mesi.

7. Qual è la stagionatura ideale?

Fino al ventiquattresimo mese in cantina naturale in pietra.

8. Come influisce il clima locale?

La qualità dell’aria è ottima e all’interno della cantina di stagionatura temperatura e umidità sono costanti per quasi tutto l’anno.

9. Perchè è diverso dagli altri?

È una carne con una notevole quantità di grassi buoni, in cui anche la parte magra è molto marezzata.

10. Qual è il ruolo del grasso?

È salutare, ricco di omega 3, e trasmette sentori di ghiande, castagne, nocciole, ciò di cui si è nutrito l’animale.

11. Consigli per la conservazione?

Fino ai 10-12 gradi si può tenere fuori dal frigo. Va gustato a temperatura ambiente, affettandolo a mano.

12. Abbinamenti da suggerire?

Sta benissimo con delle bollicine, magari accompagnato da pane toscano.


Giulia Basso
Direttore di Selezione di Sapori