Sinonimo di Mediterraneità, la Pasta alla Norma fa confluire in un unico piatto oriente, mondo arabo e nuovo mondo
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ORIGINALE, TIPICO, TRADIZIONALE?
Allora esistono i prodotti, cereali, frutta, carne, pesce… Alcuni di questi l’uomo li ha addomesticati, vedi i cereali, ottenendo ad esempio farina per fare pasta e pane.

Poi qualcuno li mette assieme, li cucina insomma elabora quella che noi siamo abituati a chiamare “ricetta” (lo stesso termine che usa il medico quando ci prescrive le medicine, le cure).

La ricetta ottenuta poi viene fatta propria dalle comunità e trasmessa oralmente.

Qualcheduno la fissa nella scrittura secondo un format consolidato: ingredienti, dosi, operazioni e pratiche per la preparazione attribuendole poi un nome, nominando il piatto insomma.

A quel punto la ricetta, il piatto inizia il suo viaggio, viene copiato, contaminato, arricchito, modificato e vive di natura propria e tra gli ingredienti si porta dietro via via leggende, racconti, storie.

Allora si capisce quanto sia faticoso e anche affascinante ricostruirne la storia evitando, se possibile, di rivendicare primogeniture, originalità: queste faccende le lasciamo ai “gastro-nazisti” come qualcuno li chiama, ai patiti della tradizione, quella vera, che si perde nella “notte dei tempi” e che da sempre è “tipica” di quel territorio.
Pasta alla Norma
LE ORIGINI
E veniamo alla “Pasta alla Norma” che, nel nostro viaggio attraverso l’Italia della cucina, ci porta in Sicilia. La pasta alla Norma è sinonima di mediterraneità. I sapori che la compongono, infatti, attingono a piene mani dalla tradizione culinaria del cuore del Meridione.

Allora diciamo subito che alcuni degli ingredienti principali, quanto ad origine, non sono né siciliani né italiani: pasta, pomodoro, melanzane. Tanto per togliere ogni velleità di rivendicazione nazionalista. Qui Oriente, mondo arabo e Nuovo mondo confluiscono.

IL NOME
Ma vi siete mai chiesti quale sia la ricetta originale, dov’è nata e perché si chiama proprio così?

La pasta alla norma nasce a Catania, diventando presto, grazie al suo successo, un piatto diffuso in tutta la Sicilia. Secondo Pino Correnti, esperto di gastronomia siciliana, sembra che questo nome sia stato battezzato dal commediografo catanese Nino Martoglio che, ammaliato dal profumo e dalla bontà del piatto, avrebbe esclamato: “Chista è ‘na vera Norma!”, che è un modo di dire per qualunque cosa sia grande e perfetta, in qualsiasi campo.

Il riferimento sembra essere alla “Norma”, celebre opera del compositore Vincenzo Bellini, conterraneo del commediografo e della pasta.Norma di BelliniNorma di Bellini
GLI INGREDIENTI
Oltre alla pasta, pomodori, ricotta salata, melanzane e basilico, tutto rigorosamente locale per mantenere quella miscellanea di sapori tipica dell’isola. Tradizione vuole, inoltre, che le melanzane siano tagliate in fette sottili, a cubetti o a listarelle, poi fritte rigorosamente nell’olio extravergine di oliva. Tuttavia, oggi c’è chi preferisce cuocerle alla griglia, scatenando l’ira delle nonne fedelissime della ricetta originale.

Il sugo di pomodoro deve essere fatto con pomodori pelati. Si possono utilizzare anche dei pomodori pachino freschi, da sbollentare e passare nel passatutto. La salsa va cotta con lo spicchio d’aglio e mai con la cipolla.

Le melanzane devono essere rigorosamente quelle nere e lunghe (a Catania si chiamano turche), tagliate a listarelle e fritte nell’olio extravergine di oliva. Niente parmigiano o pecorino, il formaggio è esclusivamente ricotta di pecora, salata e stagionata.

LA MELANZANA
Un lungo viaggio il suo… dall’Africa all’India al Sudest asiatico, dove venne addomesticata, per poi approdare, attraverso i mercanti arabi, in Spagna e nel Nord Africa nel Medioevo. In Italia si mangiava già nel XVI secolo e in Francia nel XVIII. A causa del suo gusto indigesto, se mangiata cruda, gli europei pensarono che gli Arabi l’avessero diffusa per avvelenare i cristiani. Da qui il nome di melanzana, ovvero mela insana.

Fino al XVIII secolo molti medici erano convinti che mangiare questo frutto rendesse pazzi. Castore Durante, nel suo Herbario Nuovo (Roma 1585) scrive: “Usansi in Italia di mangiare questi frutti, ma sono ventosi et duri da digerire: et imperò usandosi troppo ne i cibi, generano humori malinconici, opilationi, cancari, lepra, dolor di testa, tristezze, durezze di fegato et di milza et fanno cattivo colore in tutta la persona, et febri lunghe, ma condite e preparate come di sopra (mondati, lessi, tagliati in fette, et fritti nell’olio, con butiro conditi con pepe et con sale) sono manco nocive”. Bella fama!

Cotte al forno – la moussakà greca o la nostra parmigiana- le melanzane conservano una certa struttura; nel babà ghanoush, una salsa mediorientale, le melanzane passate formano il corpo vellutato e cremoso che porta il sapore della pasta di sesamo, del succo di limone e dell’aglio. 
Melanzana NormaMelanzana Norma
E IL FORMATO DI PASTA?
Maccheroni, ovviamente, ma per i meno puristi anche spaghetti.

L’unica eccezione è la versione trapanese della Norma, che prevede l’utilizzo della busiata, un tradizionale formato di pasta fresca, lavorata con un ferretto detto, per l’appunto, buso.

Ma esiste anche una versione messinese. A Messina la pasta alla Norma si fa esclusivamente con un formaggio tipico della zona, ovvero la ricotta infornata. Rispetto alla ricotta salata, quella infornata ha un sapore più dolce e delicato, ma un profumo decisamente tostato.
Provare per credere… possibilmente a Catania o a Messina: fate voi!

PASTA ALLA NORMA
"Grande enciclopedia della gastronomia" - M. Guarnalleschi Gotti - Milano, 2007

Per 4 persone:
preparare una salsa con 700 g di pomodori da salsa maturi, 1 spicchio d’aglio, 6 foglie di basilico; cuocere a fuoco basso per 30 minuti, poi passare la salsa al passaverdure e rimetterla su fuoco bassissimo. Tagliate a fettine sottili per il lungo 3 melanzane non grosse di tipo allungato. Quando bolle l’acqua salata per cuocere la pasta, cominciare a friggere le melanzane in olio d’oliva e mettere in pentola 400 g di spaghetti, cavatiddi o penne. Grattugiare (o meglio, trarne ricciolini con una forchetta) circa 120 g di ricotta salata, dividendola in 2 mucchietti diseguali. Scolare la pasta, metterla nella zuppiera, cospargerla con la ricotta del mucchietto più grande, poi con la salsa di pomodoro; adagiarvi sopra le melanzane appena fritte con un po’ del loro olio, guarnire con 4 belle foglie di basilico, cospargere con il resto della ricotta. Portare in tavola senza mescolare e farlo solo al momento di servire.

Danilo Gasparini
docente di Storia dell'agricoltura e dell'Alimentazione