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COSA SUCCEDE QUANDO LE NECESSITÀ DI PRODUZIONE NON SONO IN LINEA CON I TEMPI DI LAVORAZIONE TRADIZIONALI DEGLI ALIMENTI? SI USANO GLI ADDITIVI ALIMENTARI. VEDIAMO INSIEME COSA SONO E COME VENGONO UTILIZZATI.

La produzione di formaggi, di salumi e degli alimenti più in generale che appartengono alla cultura del nostro Paese, hanno sempre richiesto tempo, dedizione e soprattutto rispetto per l’equilibrio fra uomo e natura. L’industria alimentare ha poi cercato di replicare tali prodotti utilizzando la tecnologia per produrne di più e in meno tempo.

Probabilmente tutto ebbe inizio quando nel corso del XIX secolo la farina e il pane bianco di frumento cessarono di essere un lusso per pochi e pian piano diventarono un cibo accessibile ai più. Questo cambiamento fu reso possibile sia grazie ai progressi in campo agricolo (macchine, fertilizzanti chimici e anticrittogamici), sia all’importazione di grano grazie alle navi e alla ferrovia. Le preparazioni alimentari normalmente riservate ai più poveri come polenta, zuppe e minestre vengono quindi sostituite dal consumo del pane.

Parallelamente inizia ad aumentare il consumo della carne, grazie alle importazioni possibili per l’invenzione del frigorifero, brevettato nel 1851: gradualmente le tecniche di conservazioni usate tradizionalmente come la salagione, l’affumicatura, l’essiccazione, l’immersione in olio e aceto vengono via via sostituite dal “freddo” dando inizio a una profonda variazione delle caratteristiche organolettiche degli alimenti.etichette-alimenti

Alla refrigerazione, si affiancano, nello stesso periodo tecniche di sterilizzazione che, grazie alle ricerche di Pasteur sui microbi (da cui il termine pastorizzazione), garantiscono pasti più “sicuri” dal punto di vista microbiologico e a lunga conservazione, ideali soprattutto per i soldati durante i periodi bellici. Dopo la riduzione dei consumi di proteine animali dovuta all'avvento della Grande Guerra prima e della Seconda Guerra Mondiale poi, ci si trovò nel secondo dopoguerra a dover sfamare una grande fetta della popolazione: grazie all’incremento delle produzioni agricole e al miglioramento delle tecniche di produzione e conservazione degli alimenti aumenta la diffusione di cibo pronto, in scatola, a lunga conservazione e soprattutto a un prezzo accessibile.

Si assiste a un grande sviluppo dell’industria alimentare, la quale ha l'obiettivo di produrre cibo in quantità sempre maggiore e non può permettersi di applicare le tecniche tradizionali che richiederebbero troppo tempo. Poiché il tempo è denaro, l’industria deve studiare tecniche che riducano i tempi di preparazione degli alimenti. Per essere appetibili agli occhi dei consumatori i cibi devono essere simili a quelli prodotti con tecniche tradizionali/artigianali, quindi è necessario trovare delle alternative che forniscano gusto e consistenze simili, ma in meno tempo. Queste alternative tecnologiche prevedono l'utilizzo di additivi. Vediamo degli esempi:

ACIDO CITRICO

Un additivo usato nella produzione delle paste filate, per le quali, come abbiamo visto in altri articoli, la produzione avviene in diversi momenti: coagulazione del latte e rottura della cagliata, maturazione della cagliata e filatura della stessa. Come sappiamo oltre al caglio è fondamentale il ruolo dei fermenti perché consentono al latte prima e alla cagliata poi, di raggiungere il giusto grado di acidità necessario per la caseificazione e la filatura.

Tuttavia se pensiamo a una produzione di diverse centinaia di tonnellate di mozzarelle capiamo bene che non ci si può permettere di aspettare che dopo l’inoculo i fermenti abbiano il tempo di attivarsi e iniziare la loro attività di acidificazione. Per questo quando le quantità sono importanti, i fermenti vengono sostituiti dall’acido citrico o lattico, risparmiando per ogni lavorazione quasi 3 ore.acido-citrico

FUMO LIQUIDO

L’affumicatura è una tecnica di conservazione molto antica, viene utilizzata principalmente per le carni (es. speck, pancette, prosciutti, ecc) ma anche per il pesce (es. salmone, pesce spada, ecc) e per i latticini (es. ricotta affumicata, scamorze, ecc). Si basa fondamentalmente su due principi: la disidratazione della superficie (quindi i microrganismi faticano a svilupparsi) e la presenza di composti chimici che hanno la capacità di contrastare la degradazione e le contaminazioni.

Il processo di affumicatura però è molto lungo, richiede attrezzatura e competenza e soprattutto deve essere controllato affinché non venga superato il limite di idrocarburi policiclici aromatici presenti al termine del processo. Dal un punto di vista dell’industria alimentare l’affumicatura non ha alcun senso, infatti vi è la possibilità di addizionare il prodotto con conservanti che lo preservano dalle contaminazioni, può essere disidratato in cella e il fumo diviene esclusivamente un “aroma” per ricondurre l’alimento alla tradizione.

Per questo motivo viene utilizzato il fumo liquido, una sostanza che viene cosparsa sulla superficie dell’alimento e che gli conferisce il caratteristico aroma.etichette-alimenti

TRATTAMENTI IN CROSTA O SUPERFICIE

Da sempre la maturazione di formaggi e salumi comporta lo sviluppo della muffa sulla superficie, che sia crosta o budello. Ovviamente esistono diversi tipi di muffe, alcune hanno effetti positivi, altre no. La muffa utile detta “nobile” gioca un ruolo essenziale nella stagionatura: nei salumi rallenta la degradazione delle proteine impedendo la putrefazione della carne, garantisce un corretto equilibrio di umidità (evita che l’umidità esterna entri all’interno del salame e fa in modo che dall’interno non fuoriesca troppo velocemente) affinché il salume non si secchi troppo. Infine protegge il salume dai microrganismi nocivi che potrebbero essere dannosi per la salute e per la qualità del prodotto.

Simile è il ruolo delle muffe nei formaggi, tanto che, quando l’industria decide di utilizzarle lo fa inoculando quelle selezionate che permettono di conferire particolari caratteristiche al prodotto finito. Spesso però la muffa è nemica dell’economia nella gestione del prodotto perché costringere a investire sulla pulizia dell’alimento prima di metterlo in vendita.

Per questo la tradizione ha escogitato dei modi alternativi ma naturali per limitare la formazione delle muffe al termine della stagionatura come olio, aceto, salsa di pomodoro, carbone vegetale, cera, lavaggio della crosta, ecc. Poiché il consumatore non vuole vedere la muffa e l’industria non vuole che si sviluppi, oltre a gestire temperatura, umidità e sostituire la stagionatura con l’asciugatura, vengono utilizzati sulla crosta polimeri plastici, degli antifungini e dei coadiuvanti (es. sorbato di potassio). Purtroppo alcuni vengono dichiarati e altri no; più spesso viene semplicemente riportato “crosta non edibile” o “budello non edibile”.etichette-alimenti

SALI DI FUSIONE

È normale, per chi conosce il formaggio, che a volte trasformazione e stagionatura non riescano perfettamente, e che di conseguenza il prodotto non possa essere venduto perché gonfio o con la crosta rovinata. Per questo tradizionalmente alcune aree hanno messo a punto delle preparazioni che ne permettevano il recupero.

Sono un esempio il Formadi Frant e il Formai dal Cit (Friuli Venezia Giulia), il Mortrett, Zincarli e Salagnun (Piemonte): formaggi che vengono tritati, addizionati con panna o ricotta e spezie e conservati nuovamente fino al consumo. Per il recupero dei formaggi l’industria invece utilizza i sali di fusione: si tratta di citrato di sodio e di potassio (più rari in Italia i polifosfati), che addizionati all’acqua e ai formaggi tritati consentono di ottenere spalmabili, formaggini o fette che fondono. Insieme ai sali di fusione troviamo spesso indicato l’acido citrico (correttore di acidità), e più raramente il sorbato di potassio (azione antimuffa).sali-fusione