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CHI L'HA DETTO CHE SE È "IN SCATOLA" È MENO BUONO? IL GULASCH DI MANZO TRA STORIA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA E IL TOCCO ARTIGIANO DI KARL BERNARDI

RIVOLUZIONE TECNOLOGICA

Apro la lattina di Gulasch Bernardi e oltre al profumo di carne e spezie, percepisco un sentore di “rivoluzione”. Parliamo di una rivoluzione non violenta ma di tecnologia alimentare, quando a fine '700 il francese Nicolas François Appert perfezionò il suo metodo di conservazione: la appertizzazione, ovvero un trattamento termico per allungare la vita dei prodotti.

Rivoluzione nel mondo del cibo, nata da necessità militari e finita sugli scaffali, che ha cambiato per sempre il rapporto con alcuni prodotti: carne, pesce, legumi, frutta. L’impatto non si registra solo nei gesti e nel modo di mangiare, ma anche in quello di comprare, vendere e pubblicizzare. Il primo italiano a sfruttare questa innovazione fu il piemontese Cirio, che con la sua “salsa di pomidori” riuscì a conquistare negli anni Sessanta dell'Ottocento i mercati di Londra e Parigi che già richiedevano prelibatezze italiane.

DA APPART ALLA FAMIGLIA BERNARDI

La famiglia Bernardi, in Alto Adige, introduce nella sua filiera la latta e la tecnica di appertizzazione nel 1920 con l’acquisto di un’autoclave e un'aggraffatrice, per trattare e confezionare il suo Gulasch di qualità. Uno dei primi clienti fu l’esercito italiano che cercava nel prodotto le stesse caratteristiche che presenta oggi: facile utilizzo e tempi di cottura brevi, date di scadenza lunghe, trasportabilità.

In pochi semplici passi si può gustare un piatto che richiederebbe ore di cottura per essere preparato e che si distingue per le materie prime di alta qualità e l'artigianalità. La ricetta è ancora quella della tradizione di famiglia la quale ha investito su macchinari tecnologicamente avanzati che permettono di non utilizzare additivi, coloranti o conservanti