Sono migliaia le ricette riconducibili al concetto di polpetta che si possono scoprire viaggiando: piccoli bocconi di carne, pesce, verdure o legumi, stufate in dense salse aromatiche oppure fritte, bollite o grigliate. Spesso si tratta di un pretesto per riciclare gli avanzi della cucina, talvolta, un modo per rendere più appetibili ingredienti “poveri”

Se volessimo ripercorrere l’evoluzione della polpetta in Italia dovremmo viaggiare a ritroso nella storia della nostra cucina, per risalire fino alla Roma dell’epoca imperiale.

LA POLPETTA IN ITALIA

Troviamo una serie di ricette con nomi diversi, ma riconducibili a queste specialità, in alcuni libri del De Re Coquinaria di Apicius del primo secolo a.C., in particolare nei volumi Sarcoptes dedicato alle carni e nel Polyteles, sulla cucina romana “gourmet”.

Per trovare la denominazione corrente bisognerà però attendere il Libro de Arte Coquinaria del cuoco Maestro Martino, pubblicato nella seconda metà del ‘400.

Ecco come ce le descrive: ”Carne de vitello, zioè il pecto davanti è bono allesso, et la lonza arrosto, et le cosse in polpette.De la carne del cervo la parte denanzi è bona in brodo lardieri, le lonze se potono far arrosto, et le cosse son bone in pastello secco o in polpette”. I diversi Stati che componevano la geografia dell’Italia prima dell’unificazione del Regno evidenziano molte influenze dall’esterno.

La dominazione araba della Sicilia lasciò in eredità le polpettine di carne macinata riconducibili ai kofte; gli scambi tra la Puglia e la cultura ellenica generarono qualcosa di assai simile ai keftedes, quella spagnola del Regno di Napoli e non solo, le polpettine al sugo albondigas, che già dal nome ci riportano alla loro matrice araba dell’al-Andalus.

Come sempre le esplorazioni, le dominazioni e le conquiste si traducono in importanti evoluzioni della cucina, così come i fenomeni migratori. Vale anche per le polpette!

Se oggi in Calabria troviamo le polpettine di melanzane è grazie alle migrazioni dei greco-albanesi arbëreshë, che dal XV al XVIII sec. ci hanno deliziato con un piccolo souvenir dell’era ottomana.

Così come hanno fatto gli ebrei della diaspora, dal 1492, con le loro varianti all’agrodolce e frutta secca, un tratto fondamentale della tradizione gastronomica giudaico-sefardita.

Sarà Pellegrino Artusi, nel suo ricettario La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene (1891) a fare la prima mappatura compilativa delle diverse polpette made in Italy, mettendo l’accento sul valore del riciclo in cucina, poiché spesso la polpetta ha rappresentato anche nella nostra tradizione un modo per rendere appetibili gli avanzi, oltre che per includere ingredienti poveri e di scarso valore nella nostra dieta.

LA POLPETTA IN CINA

Se dalle polpette di casa nostra allargassimo lo sguardo verso quelle degli altri popoli, scopriremmo che qualcosa di analogo si cucinava già nello Shandong, in Cina, quasi in contemporanea con gli antichi romani.

A quest’epoca risalgono infatti le Polpette delle Quattro Gioie (Prosperità, Felicità, Salute, Longevità) che ancora oggi si servono come piatto augurale in occasione del capodanno cinese in questa Regione. Da questo prototipo discenderebbero le diverse polpette (wanzi) che si consumano ancora oggi in Cina, come le famose Teste di Leone (shīzitóu), dello Zhenjiang, così chiamate per la loro dimensione che varia dai 5 ai 10 centimetri di diametro!

Secondo alcuni studiosi gli antenati delle polpette si sarebbero poi modificati, includendo anche vegetali (bambù, funghi, cavoli, castagne d’acqua) e prodotti del mare (granchi, gamberi, salsa di ostriche), per trovare ampia diffusione dalla attuale Cina, al vicino Oriente, dapprima in Persia e poi nel mondo arabo, attraverso la Via della Seta.

L’anello di congiunzione tra l’estremo e il vicino Oriente e il Mediterraneo potrebbero essere le kufteh tabrizi, della città di Tabriz, in Iran che oltre alla carne e le uova si arricchirono di riso, per tenere insieme il composto, spezie preziose come lo zafferano, erbe aromatiche, legumi per nascondere un cuore dolce di frutta secca: solitamente noci o albicocche. Una vera delizia per i nababbi dell’era Moghul.

DI CARNE MA ANCHE VEGETALI

Se in origine, e in parte ancora oggi, consideriamo polpette dei piccoli bocconi sferici a base di carne, legati con l’uovo e insaporiti con spezie e aromi, è interessante notare come questa specialità abbia saputo declinarsi in mille versioni per venire incontro ai diversi precetti alimentari (halal, kasher) per conquistare l’universo vegetariano e vegano, in osservanza alle religioni orientali (Buddhismo, Induismo, Sikhismo).

Estendendo al mondo vegetale il concetto di polpetta, attingendo dalle mie memorie di viaggio non posso non ricordare la bontà dei falafel e dei foul tamiya di ceci e fave mediorientali, gli acarajé di fagioli bianchi della cucina afro-brasiliana di Bahia, passando per gli accras de morue della Guadalupa, i kakrò di banane plantain del west Africa, i gâteaux piments di lenticchie di Mauricius. 

E questo è solo un piccolo assaggio…benvenuti nel mondo del food-ball!Polpette delle quattro gioie

四喜 丸子 | POLPETTE DELLE QUATTRO GIOIE | CINA

Si tratta di quattro polpette, con impasti diversificati, a base di carne di maiale, pollo, prosciutto di Tianjin, uova e pane, castagne d’acqua e cipolle, bollite in acqua salata, fritte nell’olio per venire poi stufate in una densa salsa aromatica a base di vino, salsa di soia, zucchero e spezie (pepe, zenzero, anice stellato)Polpette di melanzane

POLPETTE DI MELANZANE |  CALABRIA

Le polpette di melanzane, la “carne” dei poveri, sono un classico esempio di quella cucina contadina di sopravvivenza.

Secondo alcuni sarebbero una specialità della cucina turco-ottomana, giunta in Calabria con la migrazione greco-albanese arbëreshë.

Come spesso accade quando le ricette “viaggiano” la ricetta originale si sarebbe trasformata, sostituendo alcuni ingredienti: il formaggio kashcaval con quelli calabresi, le spezie, con le erbe aromatiche mediterranee

Vittorio Castellani
 Giornalista “gastronomade”

www.ilgastronomade.com