Quali sono le origini della produzione del Caciocavallo?Tra miti e leggende scopriamo un formaggio che sta a cavallo tra due civiltà

Cercare d’indagare l’origine del nome e della produzione del caciocavallo è come tentare di districarsi negli intrecci misteriosi di un giallo dai mille risvolti. Quando si tratta di attribuirsi l’origine di un prodotto di pregio come questo, la storia sconfina nella mitologia e le diverse teorie si perdono in un contradittorio fatto di citazioni, leggende e date che poco aiutano il difficile compito di storici e antropologi del cibo a fare chiarezza.

Ciò premesso, cerchiamo di venirne a capo.Esistono sostanzialmente tre teorie, la prima propende per l’origine persiano-ottomana di questo formaggio, la seconda lo lega alla tradizione agro-pastorale degli antichi romani, la terza alla diaspora degli ebrei sefarditi spagnoli.

KASHKAVAL
Secondo i primi, il termine caciocavallo deriverebbe dalla combinazione del termine kash, che in lingua fārsī (persiano) significa formaggio, con la denominazione d’origine Kaval, dal nome della cittadina greca di Kavala, ai confini con la Turchia e la Bulgaria, primo centro di produzione.

Il kashkaval rappresentava uno dei formaggi più amati dai sultani sotto l’impero ottomano.

Ancora oggi il kashcaval è uno dei formaggi più popolari in molti Paesi dell’area turco-balcanica e del Medio Oriente, dove viene prodotto in tante varianti, che non hanno però mai la classica forma a pera dei loro “cugini” italiani.

Secondo gli studi della Facoltà di veterinaria di Belgrado invece le cose starebbero diversamente. Il kačkavalj sarebbe una specialità delle comunità Arumene, un gruppo etnico semi-nomade valacco, stanziato lungo la zona centro-meridionale dei Balcani. Anche nella loro lingua il termine caș significa formaggio!

Gli arumeni lo producevano con latte crudo e lo portavano con sé durante la transumanza, legandolo al collo dei cavalli per trasportarlo.

Secondo la storica serba Olga Zirojević invece, furono i mercanti ebrei a introdurlo a Istanbul nel 1588 dalla Spagna, come variante con caglio vegetale del queso manchego, in osservanza alla precettistica religiosa kasher.

Comunque sia andata, il kaşkaval veniva e viene consumato nell’area turco-balcanica preferibilmente a colazione, al naturale, con frutta secca e miele o usato come ingrediente nelle farciture e nelle ricette di breakfast pastry, come la kashkavalka bulgara, oppure fuso su crostini come nella ricetta romena del caşcaval pane o sulla polenta, come variante della mămăligă cu brânză. 

In Albania, viene servito come entrée di benvenuto, offerto gratis ai clienti, semplicemente fritto.

E’ con questa ricetta che si è fatto apprezzare nell’area, al naturale quando è stagionato, impanato nella farina o nel pangrattato quando è fresco, fritto nell’olio extravergine d’oliva, con una semplice spruzzata di succo di limone o una spolverata di cumino in polvere.Kashkaval vs Caciocavallo

CACIOCAVALLO
Il caciocavallo podolico e il caciocavallo irpino di grotta sono due specialità riconosciute dal Ministero delle Politiche Agricole, come prodotto agroalimentare tradizionale italiano.

Il primo documento che ne traccia l’origine risalirebbe secondo alcuni al 1925, quando sarebbe stato presentato per la prima volta alla Fiera di Fiume. Ma anche in questo caso le leggende non mancano. Se non adottiamo come spia linguistica la sua denominazione, ma il disciplinare di produzione, potremmo farlo discendere addirittura dalla ricetta del manum pressum descritta dall’agronomo romano Lucius Iunius Moderatus Columella nel 68 d.c.

Guai a parlare di una possibile adozione da parte italica del kashkaval, grazie agli scambi mercantili che, dall’epoca delle repubbliche marinare, collegavano Amalfi a Costantinopoli, o in epoca ottomana, l’Albania alla Puglia attraverso l’Adriatico, o peggio ancora della sua matrice ebraico-sefardita spagnola, come potrebbe farci pensare la filastrocca ispirata alla satira politica siciliana, riportata da Angelo de Gubernatis nella “Rivista delle Tradizioni Popolari” a fine ‘800.

“Ole’ ole’ olagna
Ha vinutu lu re di Spagna
Ha purtatu ‘na cosa nova:
Casicavaddu frittu cu’ l’ova”

V. Paccà, Messina (1894)

E’ bene sapere però che in Serbia alcuni ritengono che il caciocavallo sia stato introdotto a Pirot nel 1810 dalle comunità italiane presenti sulla costa dalmata, per diffondersi in tutta l’area. 

Il bello di tutta questa storia sta nel fatto che, comunque siano andati i fatti, ognuno ha declinato a modo suo il modo di prepararlo, affinarlo, servirlo e cucinarlo.

Se parliamo di caciocavallo fresco, stagionato da 30 a 60 giorni, il profumo è quello delicato del latte, con il protrarsi della stagionatura spiccano i sentori erbacei del fieno, di fiori amari, talvolta di vaniglia e spezie, in alcune produzioni anche le note piccanti.

Un Caciocavallo Irpino fresco è buonissimo al naturale, con frutta secca e miele, anche amaro, ma le applicazioni in cucina sono infinite.

E’ ottimo per gratinare timballi di pasta, verdure al forno, sciolto in fonduta con una noce di burro e latte per rendere irresistibili gnocchi e paccheri di Gragnano, ma anche un risotto e una zuppa di cipolla ramata di Montoro.

Tra gli ortaggi predilige il carciofo di Paestum, le melanzane e il pomodorino giallo.

Tra i prodotti da forno sta prendendo piede nelle pizze gourmet come alternativa o aggiunta alle mozzarelle e al Provolone del Monaco.

Da qualche tempo poi non manca mai nelle sagre paesane dell’Alta Irpinia nella versione “Impiccato”, ossia appeso sopra una griglia per una “fonduta verticale”, da servire su pane abbrustolito.

Caciocavallo fritto

Una ricetta dalla Turchia...

KIZARMIS KASHKAVAL
KASHKAVAL FRITTO

INGREDIENTI: 1 fetta di Caciocavallo Irpino fresco, spessa un dito, farina di grano 00, olio extravergine d’oliva, 1 limone, 1/2 cucchiaino di cumino in polvere

Passate velocemente la fetta sotto l’acqua fredda, e senza asciugarla, impanatela nella farina e fatela dorare in poco olio ben caldo. Quando avrà fatto la crosticina da un lato, rigiratela, per dorare anche l’altro. Servite con una spruzzata di succo di limone o una spolverata di cumino

VARIANTI: Potete tagliare il caciocavallo con un coppa pasta della dimensione preferita, anche piccolo per una versione finger food. La farina di grano 00 può essere sostituita con quella di riso. Per ottenere una consistenza più croccante fate raffreddare il caciocavallo in frigo, o fatelo congelare, prima di impanarlo e friggerlo. I semi di cumino possono essere sostituiti a piacere con quelli di finocchio o anice.

Kashkaval fritto

Vittorio Castellani
 Giornalista “gastronomade”

www.ilgastronomade.com