Campanello, Coda, Lingua o Muscolo? Noi ve li suggeriamo tutti e quattro per arricchire il bollito delle feste!
⏱ 4 MINUTI DI LETTURA

L’estate è ormai un lontano ricordo e l’inverno è dietro l’angolo, le giornate si sono accorciate e le foglie hanno iniziato a cadere dagli alberi: il freddo bussa alla nostra porta e non possiamo farci trovare impreparati. Vi proponiamo quindi un piatto tradizionale della stagione fredda: il bollito.

LA STORIA
Tipica pietanza simbolo delle cene conviviali, sembra essere nata nei mercati di bestiame piemontese, dove, in tempi di povertà, era concepita prettamente come piatto di recupero.

In seguito si diffuse in più parti d’Italia, suscitando un forte interesse, verso la fine del 1800, da parte del Re Vittorio Emanuele II, noto buongustaio e uno dei suoi primi estimatori. Nei momenti privati infatti, contrapponeva all’austero formalismo di corte tipico dell’epoca, la passione sfrenata per il buon cibo tra cui appunto il bollito.

Anche Camillo Benso Conte di Cavour ne fu un grande sostenitore; oltre a essere uno dei suoi piatti preferiti, sembra che lo stesso gli avesse attribuito anche delle virtù diplomatiche. Poco più tardi, nel 1887, il bollito fece il suo ingresso ufficiale nella letteratura gastronomica nel libro "Cucina Borghese. Semplice ed economica". di Giovanni Vailardi, celebre cuoco.

Da allora, il bollito è diventato uno dei più grandi piatti della cucina italiana: nonostante sembri avere una preparazione semplice e banale, nasconde numerosi accorgimenti da rispettare, indispensabili per la sua buona riuscita.

La lunga attesa, fatta di ore e ore a osservare la schiuma che sale, quel profumo di verdure che rimanda a un clima di festa e di condivisione sono elementi di una ricetta d’antan, se così possiamo definirla, che continua a fare la storia della cucina italiana e che è tornata alla ribalta.Bollito
LA TRADIZIONE
Certamente il bollito non trova casa solo in Piemonte, dove affonda le radici, ma un po’ in tutte le regioni del nord Italia, dove si sono elaborate ricette diverse durante i decenni.

Quella maggiormente conosciuta è però quella del Gran Bollito Piemontese la cui tradizione prevede di utilizzare 7 tagli di polpa e 7 tipi di ammenicoli, o frattaglie di carne, il tutto accompagnato da un servizio completo di verdure e salse.

L’elemento fondamentale per un risultato eccellente è sicuramente la scelta della materia prima, ossia la carne. Oggi vogliamo proporvi alcuni tagli di carne, forniti dal nostro macellaio di fiducia "Corte Scaligera", che secondo noi non possono mancare nella preparazione di un bollito classico tradizionale.

IL CAMPANELLO
Iniziamo con il campanello, taglio magro proveniente dal posteriore del bovino, più precisamente dietro la tibia; questo nome potrebbe non dirvi nulla perché tende ad assumere una denominazione diversa a seconda del luogo geografico in cui viene gustato: ad esempio a Venezia viene definito ‘Pesce’ mentre a Palermo ‘Imperatore’.

Il suo curioso nome tuttavia è da attribuirsi alla forma anatomica che assume una volta disossato: nella parte superiore infatti rimane attaccato il tendine che gli conferisce una forma che ricorda un ‘campanello’.

I muscoli che lo compongono sono 4: quello principale è situato al centro ed ha forma affusolata.

È molto ricco di tessuto connettivo dovuto alla presenza di tendini abbastanza spessi costituiti principalmente da collagene che, sciogliendosi durante la cottura, si trasforma in gelatina e conferisce estrema morbidezza e scioglievolezza alla carne e trattiene allo stesso tempo tutti i suoi succhi.

Alternativamente a questo taglio un degno sostituto è la famosa copertina, di più largo utilizzo nella preparazione del bollito tradizionale.

LA CODA
Un altro elemento che non può mancare è sicuramente la coda, taglio magro e gustoso, facente parte del cosiddetto quinto quarto, ossia dei tagli più poveri dell’animale, come le frattaglie, il fegato o il rognone, che negli ultimi anni stanno tornando alla ribalta nei ristoranti di alto livello mentre una volta erano tipici solo delle cucine contadine.

La coda si presta molto bene a lunghe cotture perché la fibra della carne si mantiene tenera e succulenta grazie al perfetto bilanciamento tra parte grassa e magra. La coda si può tagliare a tocchetti, finendo per avere un aspetto molto simile all’ossobuco, oppure farla sobbollire intera per alcune ore.

LA LINGUA
Merita una menzione anche la lingua, facente parte anch’essa del quinto quarto: una parte meno nobile ma ugualmente tenera e gustosa, dal sapore incredibilmente avvolgente e persistente, elemento fondamentale del Bollito Misto all’Emiliana.

Vi consigliamo di togliere la pellicola che avvolge il muscolo, quando ancora il pezzo è caldo. Se volete stupire i vostri commensali potete portare in tavola la lingua con un delizioso bagnetto verde; è la ricetta ideale per chi ama rivivere a tavola i sapori di un tempo.

IL MUSCOLO
Ultimo taglio di carne perfetto per arricchire il bollito delle feste è il muscolo. È d’obbligo precisare che esistono due tipologie di muscolo bovino: il muscolo anteriore e il muscolo di coscia.

Corte Scaligera in questo caso ci propone di usare il muscolo anteriore, che si trova appunto nella parte superiore della coscia anteriore ed è anche uno dei tagli classici utilizzati per il Gran Bollito Piemontese. Questo taglio è ideale per le cotture lente e prolungate perchè caratterizzato da una massa magra ben distribuita e da fibre di collagene che in cottura si ammorbidiscono conferendo alla carne estrema tenerezza.

Che dire quindi: il freddo è arrivato, accendete i fornelli e, dopo aver radunato un po' di amici, gustatevi un intramontabile bollito riscaldando così le rigide serate invernali.

E TU, QUALE BAGNETTO PREFERISCI?

• Salsa verde (bagnèt verd): trita finemente prezzemolo, aglio e acciughe dissalate assieme a mollica di pane imbevuta in aceto di vino bianco e olio evo.

• Salsa rossa (bagnèt ross): con un sapore agrodolce ma allo stesso tempo piccante, si ottiene cuocendo a fuoco basso pomodoro, carota, cipolla, aglio e peperoncino da unire a zucchero e aceto.

• Salsa al miele: piacevolmente agrodolce, si ottiene mescolando senape, miele (millefiori o acacia), aceto balsamico, sale e pepe.

• Salsa Cugna: simile alla mostarda e con note speziate, si prepara con mosto d’uva cotto mescolato con mele cotogne, uva, pere e fichi assieme a senape, cannella e chiodi di garofano. A piacimento è possibile grattugiare scorza d’arancia o di limone e aggiungere gherigli di noce sminuzzati.

• Salsa al Cren: dal sapore deciso e pungente; viene prodotta con il cren, una radice simile al rafano che viene grattugiata e mescolata assieme ad aceto, sale e zucchero. Possono essere aggiunte pere o mele a dadini per conferire dolcezza o della mollica di pane messa a bagno in aceto per compattarla.

Sara Mazzucco
Ufficio Qualità